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“L'immagine che vive in noi è legata alla concezione che abbiamo della vita e anche alla differenza che mettiamo tra il morire e la morte.”

Eugenio Borgna

 

L’impatto di una malattia come il cancro ha importanti ripercussioni su più livelli: dover gestire sintomi fisici e psicologici può portare un violento squilibrio nella vita della persona affetta dalla patologia e all’interno dei sistemi (coppia, famiglia, etc.) che la sostengono e di cui fa parte.

Se hai una malattia oncologica o sei un familiare di una persona affetta da questa patologia, potresti aver provato quella sensazione di sentir venir meno la terra da sotto i piedi”: quel senso di forte instabilità causato da questo tipo di diagnosi.

In questo articolo ci concentreremo esclusivamente sulle sfide individuali che la persona con tumore si trova a dover affrontare, tralasciando volutamente tutto ciò che riguarda gli aspetti legati ai caregiver (coloro che si prendono cura) nonostante l'indiscussa rilevanza.

 

LA PERSONA AFFETTA DA TUMORE: TEMI ED EMOZIONI.

Nella gestione di una malattia perturbante come il cancro è facile trovarsi a sperimentare un intenso disagio emotivo, inteso come una sgradevole esperienza psicologica (cognitiva, emotiva e comportamentale) e sociale. Questo può interferire con la capacità di affrontare efficacemente la malattia o altre situazioni difficili.

Quando la diagnosi viene a coincidere con uno stadio avanzato della malattia, il disagio emotivo necessita di peculiari interventi specialistici per essere affrontato adeguatamente.

Difatti, oltre ad una sintomatologia ansioso-depressiva si inseriscono importanti tematiche legate al fine vita che andranno affrontate in maniera flessibile ma mirata per rendere l’intervento terapeutico efficace.

La persona potrebbe sentire i propri scopi vacillare e interrogarsi profondamente sul senso della vita e sul tema della dignità; potrebbero emergere vissuti legati alla demoralizzazione ed emozioni legate alla rabbia, alla tristezza e alla colpa.

Talvolta disperazione e impotenza sono due sintomi legati alla perdita di significato, cruciali per comprendere la demoralizzazione, definita come uno stato caratterizzato da disperazione, impotenza e perdita di scopo.

Se hai a che fare direttamente o indirettamente con una malattia oncologica in stadio avanzato molti di questi aspetti potrebbero tornarti.

In questo caso è facile che tu abbia sentito parlare di cure palliative: vediamo assieme in cosa consiste l’intervento psicologico in questo settore.

 

FINE VITA E CURE PALLIATIVE: QUALE INTERVENTO PSICOLOGICO?

Le cure palliative sono quell'insieme di interventi volti a massimizzare la qualità di vita a seguito di una prognosi infausta.

Lavorare sul fine vita non è semplice, anzi, è molto complesso e i dati provenienti dagli studi ci dicono che percorsi di psicoterapia in questo campo purtroppo sono caratterizzati da importanti tassi di abbandono precoce della terapia.

Tuttavia, la ricerca evidenzia anche che persone con una diagnosi di tumore in stadio avanzato, se sostenute da interventi psicoterapeutici mirati e individualizzati, mostrano a fine trattamento una significativa diminuzione dei livelli di demoralizzazione (disperazione), ansia, depressione e stress.

Per agire in questa direzione è fondamentale organizzare il percorso terapeutico in maniera flessibile ma mirata, andando ad indagare e lavorare su:

  • Il significato della vita per la persona (scopi, valori, etc.).
  • Quali sono le fonti che alimentano e arricchiscono attualmente la vita della persona in coerenza con i propri scopi e valori? Quali di questi sono limitati dalla malattia?
  • Quale traccia si vuole lasciare in questo mondo? Quale testimonianza e a chi? Quale eredità valoriale si desidera lasciare ai propri cari?

La ricerca ha dimostrato che inserire questi punti all’interno di un percorso psicoterapeutico consente di incrementare i benefici legati al trattamento; evidenziando, infine, che le tematiche ritenute maggiormente utili da persone affette da carcinoma in stadio avanzato vertevano su temi legati all’accettazione, agli scopi e all’impegno per alimentarli, alla compassione/autocompassione e all’eredità/traccia che si intende lasciare.

 

Conoscevi questo tipo di intervento? Hai mai pensato possa essere utile a te (se stai affrontando questa malattia in uno stadio avanzato) o a un tuo caro che sta vivendo questa realtà?

Talvolta risulta difficile se non impossibile richiedere un sostegno psicologico, magari a causa dell’impossibilità di allontanarsi dall’abitazione e raggiungere lo studio del professionista, per motivi legati alla patologia o alle cure che si stanno effettuando.

In questi caso esiste la psicoterapia domiciliare.

 

PSICOTERAPIA DOMICILIARE IN ONCOLOGIA

La psicoterapia domiciliare diviene necessaria lì dove lo stadio avanzato della malattia o la sintomatologia presente non consenta alla persona di raggiungere lo studio del professionista.

La presa in carico, dopo un’attenta valutazione che lo psicologo farà assieme alla persona e ai suoi familiari, potrà essere indirizzata alla singola persona (psicoterapia individuale) o al suo nucleo familiare (psicoterapia familiare); il percorso sarà strutturato flessibilmente in un’ottica di funzionalità.

L’Associazione In-Verso offre la possibilità di predisporre percorsi di psicoterapia a domicilio per garantire l’accesso alle cure, con l’intento di sostenere ed incrementare la qualità di vita della persona sofferente e dei propri familiari.

 

Se desideri ulteriori informazioni o per prenotare un primo colloquio conoscitivo gratuito, puoi contattarci ai seguenti indirizzi:

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Articolo redatto da:

Dott. Christian Franco

21/07/2022

Sono tantissimi i genitori che, magari dopo aver fatto training lunghi e articolati per togliere il pannolino ed essere riusciti ad insegnare al proprio figlio ad utilizzare il vasino, possono ritrovarsi a fare i conti con il problema “mutandine sporche di cacca”.

 

Questi stessi genitori si ritrovano, inoltre, a districarsi da una parte con i propri vissuti di preoccupazione e rabbia (‘Perché mio figlio trattiene la cacca e poi finisce per sporcare le mutandine?’ ‘Come mai mio figlio non vuole usare il vasino per fare la cacca?’) e dall’altra con ciò che forse il bambino sta provando: vergogna, paura, imbarazzo? (‘Perché mio figlio si nasconde prima e dopo essersi sporcato le mutandine?’).

Vivere una situazione familiare in cui la ‘cacca’ diventa un ‘problema’ può essere complesso e faticoso, può creare tensioni e timori, e può inoltre portare l’intera famiglia ad uno stato di blocco.

Ma di cosa si tratta? Si può parlare di encopresi? Cosa si può fare?

 

DEFINIZIONE

Con il termine “encopresi” si intende l’emissione, a volte in maniera involontaria e altre volte volontaria, di feci in luoghi e modi inappropriati, in un’età in cui il bambino dovrebbe aver acquisito il controllo sfinterico.

Dal greco ἐν = in e κόπρος = sterco, la parola “encopresi” fa pensare, in senso letterale, alle feci tenute all’interno, ma in realtà oggi tale termine viene adoperato per indicare la modalità reiterata in un bambino della fuoriuscita delle feci, in parte o tutte, all’interno delle mutandine.

 

SINTOMI E DIAGNOSI

Quando parliamo di encopresi si può far riferimento a due diverse tipologie:

·       Encopresi Primaria, quando si manifesta prima che il bambino abbia raggiunto il controllo dello sfintere anale e imparato ad utilizzare il vasino.

·       Encopresi Secondaria, quando si manifesta successivamente all’acquisizione adeguata da parte del bambino del controllo degli sfinteri e dell’uso del vasino.

Affinché si possa fare diagnosi di encopresi dovrebbero essere presenti 4 caratteristiche:

1.     L’età cronologica dei pazienti deve essere di almeno 4 anni.

2.     Il ripetersi di episodi inappropriati intenzionali o involontari.

3.     Questi eventi devono verificarsi almeno una volta al mese per almeno 3 mesi.

4.     Il comportamento non è attribuito agli effetti delle sostanze (ad es. lassativi) o qualsiasi altra condizione organica/medica.

In generale può trattarsi di manifestazioni inappropriate di emissione volontaria o involontaria di feci che possono essere solo diurne, solo notturne o entrambe. Inoltre si possono manifestare con un’urgenza all’evacuazione o con una tendenza a trattenere lo stimolo finché non risulti più gestibile la contrazione dello sfintere, dando così luogo alla fuori uscita delle feci.

Si tratta di un disturbo che colpisce un numero elevato di bimbi tra i 4 e gli 8 anni e può protrarsi, in casi estremi, anche in età adolescenziale. Nella maggior parte dei casi l’encopresi si manifesta prima dei cinque anni, ma può anche comparire negli anni successivi. In un rapporto di 3 a 1, l’incidenza del disturbo risulta superiore nei maschi rispetto alle femmine.

 

QUALI POSSONO ESSERE LE CAUSE?

All’origine dell’encopresi possono celarsi diverse possibili cause, tra cui:

§  Fattori organici: stipsi cronica, megacolon (le feci che si accumulano nella parte terminale dell’intestino lo dilatano in maniera cronica al punto che il bambino non avverte più lo stimolo), malattie gastrointestinali, etc.

§  Fattori anatomici: ragadi anali, defecazione dolorosa, rallentamento della motilità intestinale, etc.

§  Fattori alimentari: scarsa assunzione di acqua e di cibi contenenti fibre. etc.

§  Fattori cognitivi: deficit cognitivi.

§  Fattori psicologici: paura e ansia del vasino e del wc; insegnamento dell’uso del vasino o troppo aggressivo o eccessivamente permissivo; conflitto emotivo con i genitori; alterati rapporti intra-familiari (ad es. lutti, separazioni); atteggiamenti iperprotettivi o aspettative e richieste eccessive verso il bambino da parte dei genitori; traumi e/o abusi sessuali; etc.

Risulta, quindi, imprescindibile fare un’indagine ad ampio spettro, consultando varie figure professionali (pediatra, medici specialisti, psicologi/psicoterapeuti) al fine di individuare tutte le possibili cause correlate all’insorgenza dell’encopresi.

Una diagnosi tempestiva è, infatti, fondamentale per provare ad evitare che gli effetti secondari dell’encopresi si consolidino nel tempo.

 

I VISSUTI DEL BAMBINO E DEI GENITORI

Da un punto di vista prettamente psicologico, l’encopresi può rappresentare un campanello d’allarme che il bambino usa per segnalare difficoltà magari correlata ad un evento specifico come la separazione dei genitori, la nascita di un fratellino, un trasloco, un lutto, un trauma oppure relative a vissuti emotivi e relazionali più complessi, difficili da esprimere verbalmente.

L’encopresi può, inoltre, essere il segnale di uno stato di disagio più ampio del bambino che, facendo leva sul tentivo di controllo del suo corpo (trattenere-rilasciare le feci), cerca inconsciamente di ‘detenere il potere’ in famiglia per tenere uniti i propri genitori e attivarli sul macro tema della cura e delle attenzioni.

Quando gli episodi di fuoriuscita delle feci volontarie e involontarie si manifestano in modo più frequente i sentimenti che si sviluppano all’interno della famiglia e nel bambino in particolare possono essere di vario tipo e tendono ad alimentare uno stato importante di tensione e preoccupazione intrafamiliare.

Nel bambino possono innescarsi sentimenti di ansia, senso di colpa e paura relativamente a ciò che mamma, papà, i compagni, le maestre, gli altri in generale, possono pensare di lui. La reazione potrebbe essere, quindi, quella di chiudersi ed isolarsi per la vergogna di essere scoperto o, al contrario, potrebbe virare in direzione di comportamenti provocatori o di dissimulazione. L’autostima può essere messa a dura prova e le componenti depressive possono far presto capolinea.

Nei genitori, l’avere a che fare con l’encopresi del loro bambino, può scatenare il sentimento di frustrazione insieme a quello di preoccupazione, associato spesso però anche alla rabbia nella convinzione che lo sporcare le mutandine possa essere un gesto fatto apposta dal proprio figlio. Possono, inoltre, aggiungersi vissuti legati a senso di inadeguatezza rispetto alle proprie capacità genitoriali.

In generale l’encopresi, a lungo andare, può diventare oltre che preoccupante, anche limitante nei confronti di quella che dovrebbe essere una consueta e serena quotidianità dentro e fuori casa. Il rischio è quello di precludersi uscite, attività fisiche, gite e di ritrovarsi a vivere con terrore, il bambino, e nervosismo, i genitori, il momento dell’andare al bagno che diventa quindi motivo di conflitti impliciti ed espliciti tra grandi e piccoli, oltre che possibile capro espiatore di altre ‘problematiche’ sottostanti.

 

COSA FARE SE IL PROPRIO BAMBINO HA L’ENCOPRESI?

Sottolineando nuovamente l’importanza di un intervento tempestivo e la necessità di effettuare un’indagine incrociata a più livelli, considerate le possibili cause all’origine dell’encopresi, per quanto concerne l’intervento di supporto psicologico, nello specifico, può essere opportuno che l’intera famiglia si conceda uno spazio di confronto con uno specialista del settore.

Attraversare e conoscere i comportamenti connessi al tema encopresi e permettersi di esplorare vissuti di tutta la famiglia ad esso correlato, può permettere ai genitori di ritrovare serenità e al bambino di riacquisire autostima e sicurezza.

Sperimentare tutti insieme la consapevolezza delle proprie e altrui emozioni può essere un valido punto di partenza per andare poi a lavorare insieme sul sintomo più specifico legato all’evacuazione delle feci.

Per fissare un primo colloquio gratuito con l’Associazione In-Verso contattaci al:

·       06 92 94 62 45 per lasciare un messaggio  

·       389 94 11 777 per parlare con un professionista.

 

Articolo redatto da

Maria Adele Fasanella

25/02/2022

 

 

“Se ci diamo una mano i miracoli si faranno e il giorno di Natale durerà tutto l'anno.”

Gianni Rodari

 

La pandemia di COVID-19 si è diffusa rapidamente a livello mondiale, i diversi governi hanno adottato atteggiamenti restrittivi necessari per ridurre i contatti tra le persone con conseguenti e importanti cambiamenti nel nostro stile di vita.

 

COSA CI DICE LA RICERCA?

Gli studi che evidenziano gli effetti della pandemia sulla salute mentale sono numerosi.

Tra questi, una pubblicazione sull’ International Journal of Environmental Research and Public Health, dal titolo: “Mental Health during the COVID-19 Lockdown over the Christmas Period in Austria and the Effects of Sociodemographic and Lifestyle Factors”, evidenzia il delicato rapporto tra salute mentale e COVID-19 nel periodo natalizio.

I fattori che durante l’attuale emergenza sanitaria entrano in gioco minacciando lo stato di benessere e salute mentale individuale e sociale sono diversi: dal timore della malattia e della morte a difficoltà economiche e lavorative sino ad arrivare all’isolamento.

Tra i più colpiti, a livello di salute mentale, appaiono i giovani, le donne, i disoccupati e persone a basso reddito.

Difatti, i giovani under 24, hanno mostrato un incremento di sintomi legati ad ansia e depressione, sostenuti da una tassativa riduzione della socializzazione e dalla preoccupazione verso il proprio futuro occupazionale ed economico.

Anche gli over 65 hanno riscontrato un aumento della sintomatologia depressiva (nonostante meno netta rispetto ai giovani), in questo caso il fattore determinante è maggiormente legato all’isolamento e al senso di solitudine, specialmente nei periodi di festa.

Nelle donne c’è stata un’intensificazione della medesima sintomatologia durante la pandemia, appare inoltre maggiormente presente, rispetto alle precedenti categorie, lo stress percepito.

In quest’ultimo caso, tra i fattori responsabili possiamo identificare un maggiore tasso di disoccupazione, un maggior carico familiare e la presenza, in alcune situazioni, di violenza di genere.

Il gruppo che invece ha riportato minore incremento della sintomatologia è costituito da coppie sposate o conviventi, individuando quest’ultima condizione come fattore protettivo verso l’impatto pandemico.

 

COSA SUCCEDE NELL’INCONTRO TRA COVID-19 E NATALE?

Come si lega l’attuale emergenza sanitaria al Natale?

Quale ruolo ricoprono le feste natalizie per il nostro benessere e per nostra salute mentale all’interno di una situazione pandemica?

Il periodo natalizio si colloca come importante evento sociale, un rituale arricchito da usanze e celebrazioni che portano a ritrovarsi in gruppo, a far ricongiungere affetti e familiari.

Questo momento d’unione appare correlato al benessere individuale e sociale.

In alcune fasce della popolazione, come gli anziani, tale vicinanza riduce in maniera importante l’isolamento e il senso di solitudine configurandosi come importante fattore protettivo verso la depressione.

Le feste natalizie oltre a fonte di gratificazione e piacere possono tuttavia divenire una fonte di stress per alcune persone, in particolar modo, una fascia della popolazione, associa il Natale ad una maggiore percezione di solitudine e ad un calo del tono dell’umore.

L’attuale situazione pandemica e le relative norme restrittive si introducono nelle festività natalizie operando un doppio ruolo sfavorevole: da un lato ostacolano la possibilità di incontro e condivisione (fattore protettivo e risorsa), dall’altro aggravano e intensificano condizioni di malessere che possono tendere a manifestarsi nei periodi festivi in alcune persone.

 

COSA POSSIAMO FARE?

Consapevoli di tutto questo, cosa possiamo fare?

Possiamo “ascoltare” ed “ascoltarci”, per intercettare il nostro o l’altrui bisogno di sostegno.

Intraprendere un percorso con un professionista o invitare una persona cara a rivolgersi ad uno psicologo per riacquisire quello stato di benessere e salute minacciato da una situazione emergenziale profondamente complessa sarà un dono che andrà ben oltre le feste.

Sentiti libero di contattarci per qualsiasi informazione o per prenotare un primo colloquio conoscitivo gratuito, di seguito i contatti dell’associazione:

Per lasciare un messaggio: 06 92946245 / Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Per parlare con un professionista: 3899411777

 

Articolo redatto da

Dr. Christian Franco

15/12/2021

 

Mercoledì, 24 Giugno 2020 14:44

Adolescenti Hikikomori

L'adolescenza è la fase della vita per eccellenza che più di qualunque altra porta con sè paure, interrogativi e confusione tanto nel ragazzo/a, quanto nei genitori.

Nell'adolescenza i ragazzi e le ragazze, non senza difficoltà, cominciano a prendere consapevolezza del proprio corpo e della propria individualità, portano avanti un delicato e lungo processo di svincolo dalle proprie figure genitoriali e, più di ogni altra cosa, prediligono l’uscire la sera, il fare nuove esperienze, lo stare con i propri coetanei e il confrontarsi con loro, piuttosto che con mamma e papà.

I genitori si ritrovano quindi a fare i conti con i cambiamenti dei propri figli sia nell'aspetto che nei comportamenti, così come con il cambiamento dell’intero assetto familiare; ed è proprio di fronte a questo che rischiano di sentirsi spaesati. Tante possono essere le domande e i dubbi che insorgono nell'animo dei genitori di figli adolescenti, ma sono sempre più in aumento le situazioni in cui la paura maggiore ha a che vedere non tanto con il figlio che, come si suol dire “sta più fuori che a casa”, ma piuttosto con l’esatto contrario.  

 

PERCHE' MIO FIGLIO ADOLESCENTE NON ESCE E SI CHIUDE IN CAMERA?

Sono moltissimi i ragazzi adolescenti che scelgono di non andare più a scuola, interrompono le relazioni sociali e le attività ludico-sportive, si chiudono in camera e rifiutano ogni aiuto. Nella loro stanza dormono, leggono, disegnano, navigano in internet e giocano ai videogiochi, ma più di ogni altra cosa provano a proteggersi dall’esterno e dal giudizio altrui. Il fenomeno si chiama “Hikikomori”, che in giapponese significa “stare in disparte” e colpisce un gran numero di adolescenti.

Non si tratta né di depressione, né di dipendenza dai videogames, né di un disturbo di ansia.

Si tratta piuttosto di una fragilità e profonda sensibilità caratteriale di ragazzi che di fronte alle richieste e alle aspettative esplicite ed implicite relative al rendimento scolastico, alla realizzazione personale e alla cura dell’aspetto, secondo i canoni della moda, con dolore scelgono di ritirarsi dal ‘palcoscenico’ della realtà sociale per rintanarsi tra le quattro mura sicure della propria camera, dove sembra essere più semplice tenere a bada il sentimento di vergogna.

Questi adolescenti che scelgono il ritiro come forma di tutela verso se stessi, per proteggersi da tutto ciò che sembra far sperimentare loro paura e perdita del controllo, finiscono per mettere una grande distanza anche con le persone più vicine, come genitori e fratelli, lasciandoli fuori dal proprio mondo emotivo, simbolicamente rappresentato dalla porta della loro camera.

 

QUALI SONO I CAMPANELLI D’ALLARME CHE MI DEVONO FAR PENSARE ALL’HIKIKOMORI?

Senza voler essere troppo categorici e mantenendo sempre un’ampia visuale su tutto ciò che gira intorno all’adolescente e alla sua famiglia, i campanelli potrebbero essere:

  •   le numerose e frequenti assenze a scuola (sino ad arrivare a mesi consecutivi di assenteismo); l’ambiente scolastico, in particolar modo, può essere vissuto da questi adolescenti in modo negativo;
  •  l’inversione del ritmo sonno-veglia;
  •  l’autoreclusione in camera;
  • il prediligere attività solitarie.

 

INTERVENTO PSICOLOGICO DOMICILIARE CON ADOLESCENTI HIKIKOMORI

La casa, ma in particolar modo la propria camera, diventa per questi adolescenti la propria dimensione di vita, il loro tutto, il rifugio, la loro bolla di protezione dal mondo esterno. Gli adolescenti hikikomori rendono impossibile qualsiasi tipo di apertura a forme di aiuto terapeutico canonico ed è per questo che l’intevento psicologico domiciliare si propone come mezzo altro di aiuto per l’adolescente e la sua famiglia che si pone come principio cardine l’entrare concretamente a casa, in punta di piedi, in quella ‘bolla’ così delicata e in nessun altro modo attraversabile se non avvicinadosi attentamente a quello che è l’unico modo che il ragazzo/a ha trovato per sopravvivere in un momento difficilissimo della sua vita.

Lavorare in sinergia a domicilio con il ragazzo/la ragazza e la propria famiglia ha come obiettivo quello di offrire loro supporto ed aiuto in una fase di vita molto delicata, nella quale un intervento tempestivo può aumentare le probabilità di superamento del ritiro.

Articolo redatto da Maria Adele Fasanella 24/06/2020  

 

"HIKIKOMORI", CONSIGLI PER AIUTARE I GENITORI DI ADOLESCENTI CHE SI ISOLANO

Contatta In-Verso per una prima visita gratuita al: 06 92 94 62 45 per lasciare un messaggio   389 94 11 777 per parlare con un professionista    

 

 

Martedì, 17 Marzo 2020 16:25

Consulenze e terapia on line

In questo momento così delicato di emergenza e crisi collettiva, accedere a un aiuto psicologico può rivelarsi una risorsa preziosa se non addirittura una necessità: non dimenticare di prendersi cura di se stessi nonostante la particolare situazione di privazione e restrizioni a cui la pandemia Covid19 ci sta obbligando, può essere di fondamentale importanza. 

 

In questo periodo di isolamento forzato è necessario e molto utile soffermarsi su quello che si ha a disposizione per occuparsi del proprio benessere. 

 

L'associazione Inverso è da anni impegnata nella psicoterapia a domicilio a Roma e nell'utilizzo di strumenti alternativi per raggiungere le persone che, a causa di impedimenti di carattere fisico o psicologico, non possono uscire di casa.  

Come ben sappiamo, in questo momento siamo tutti impossibilitati a farlo, ma questo non significa che sia impossibile trovare una forma di aiuto, per esempio attraverso l'utilizzo di un telefono o di una videochiamata con gli strumenti che la tecnologia ci mette da tempo a disposizione (Skype, Face Time, Whatsapp). 

L'associazione InVerso, quindi, prosegue la propria attività e in particolare la sua mission di raggiungere l'utenza bloccata nel proprio domicilio romano, spostando per il momento la propria disponibilità sulla piattaforma Skype: continueremo a offrire la possibilità, come prassi, di un primo colloquio gratuito, che potrà avvenire attraverso questo canale o telefonicamente. 

Durante questo primo incontro verrà rispettata la privacy e sarà possibile ricevere una prima risposta per essere aiutati a capire se e come un terapeuta o uno psicologo possano esservi d'aiuto in questo particolare momento di vita.

Per informazioni e/o per fissare un appuntamento: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo., 3899411777

Giovedì, 19 Luglio 2018 09:05

Chiusura estiva 2018

L'Associazione di psicoterapia InVerso sospende le proprie attività da giovedì 26 luglio a domenica 2 settembre.

In questo periodo i professionisti di InVerso non sono contattabili personalmente ma, come di prassi, rimangono attive mail e segreteria telefonica.

Buone Vacanze a tutti!

INCONTRI DI INTERVISIONE PER PSICOLOGI DOMICILIARI

 

Lunedì, ore 18.30-20

c/o Scalea Ugo Bassi, 42 Roma (Trastevere)

 

 

Sei uno psicologo e lavori presso il domicilio dell’utente/paziente?

Ti senti spesso “solo” e “isolato” in questo delicato lavoro?

 

Se hai risposto sì a queste due domande, al di là di quale sia lo specifico ambito in cui operi (psichiatria, disabilità, autismo, DSA, perinatalità, oncologia, etc.), ti potrebbe essere estremamente utile “fermarti” e condividere con dei colleghi il tuo operato, aprire uno sguardo “altro” sulle dinamiche attivate nel setting “intimo” delle mura domestiche, fare rete.

 

Il setting domiciliare ha delle sue peculiarità, richiede competenze specifiche allo psicologo!

 

 

Gli incontri si svolgeranno ogni primo e terzo lunedì del mese, a partire da febbraio.  

Costo a incontro 15 euro

Il gruppo sarà facilitato dagli psicologi-psicoterapeuti di InVerso che hanno maturato una specifica competenza in ambito domiciliare, in particolare con utenza psichiatrica.

 

Per info e/o iscrizioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. / cell. 3899411777

  

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