Psicoterapia a domicilio e minori: il ruolo fondamentale della famiglia.

“Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme un successo.”
H. Ford

Uno sgabello ha bisogno di almeno tre gambe per essere stabile, così all’interno di un intervento di psicoterapia è fondamentale una collaborazione condivisa ed attiva da parte del minore, della famiglia e del terapeuta.

In questo articolo cercheremo di evidenziare come mai appare così importante una piena collaborazione tra famiglia, minore e terapeuta per garantire la buona riuscita dell’intervento, specie se esso è di tipo domiciliare.

Come abbiamo illustrato in precedenti articoli, (https://www.associazioneinverso.it/psicologia-roma/21-psicologia-e-psicoterapia-a-domicilio-quando-la-richiesta-d-aiuto-inverte-il-senso-di-marcia.html) le motivazioni che possono muovere verso un intervento domiciliare sono molteplici. Quando c'è una sintomatologia o comportamento problematico che coinvolge in modo diretto un minore, a volte sono i genitori stessi a pensare che un’osservazione in casa da parte del professionista sia utile per "raggiungere" il figlio, entrando così a diretto contatto con uno dei suoi contesti di vita più significativi, il che può consentire, tra le altre cose, di avere più informazioni ed elementi di comprensione e intervento. Ricordiamo, però, che la valutazione sull'opportunità di un percorso domiciliare richiede competenze specifiche ed è in capo al terapeuta, che farà quindi un'approfondita analisi della domanda prima di procedere e scegliere il contesto domiciliare ritenendolo preferibile a quello a studio.

Inoltre, nella lettura dell'articolo apparirà chiaro come l’osservazione domiciliare da parte del clinico, nonostante sia uno "sguardo competente", non sempre è sufficiente per comprendere a pieno le necessità dell’individuo e della famiglia; per far questo sarà fondamentale che ogni componente della famiglia presti il proprio di “sguardo” e un'attiva collaborazione.

 

LA VALUTAZIONE NELLA PSICOTERAPIA A DOMICILIO CON I MINORI E IL RUOLO DELLA FAMIGLIA.

In fase valutativa, per comprendere al meglio l’espressione sintomatologica e il funzionamento del minore è necessario raccogliere la narrazione e i punti di vista di diversi "informatori" (questi possono essere i familiari del minore, il minore stesso o altre figure importanti); ciò consente di poter cogliere i variegati comportamenti che possono esprimersi all’interno dei diversi contesti.

“In famiglia è un’altra persona.”

 “A scuola è irriconoscibile.”

“Con gli amici è tanto diverso.”

Queste sono affermazioni che spesso si sentono e che facilmente rendono l’idea di quanto sia necessario raccogliere informazioni da persone che osservano il bambino o l’adolescente in contesti diversi, questo sia per avere una descrizione più completa e rappresentativa del minore, sia per avere elementi che permettano di fare ipotesi sulla funzione del sintomo (se si presenta solo in un contesto piuttosto che in un altro dovrà esserci un motivo...cosa lo attiva? all'interno di quale relazione avviene? e qual è il "vantaggio" per il bambino/ragazzo e/o l'effetto che esso produce nelle persone accanto? etc)

C'è da dire che anche nel momento in cui le tante informazioni condurranno ad una descrizione condivisa del problema (il che spesso è una "conquista" delle prime sedute) non necessariamente questa porterà ad una visione condivisa di trattamento. Ad esempio il professionista, previa valutazione, potrebbe proporre una terapia di coppia, una terapia familiare o un’altra tipologia di intervento, e ciò potrebbe apparire come un qualcosa di inatteso per la famiglia: capita, per esempio, che le persone dicano "sì, ma noi siamo qui per il problema di enuresi di nostro figlio, non per parlare della nostra relazione coniugale!"...

In alcuni casi, inoltre, la fase di valutazione, anche se svolta attraverso l’incontro domiciliare, potrebbe portare alla proposta di percorsi differenti (per esempio a studio) o in parallelo.

Numerose ricerche mostrano che bassi livelli di accordo sugli obiettivi del trattamento comportano una minore aderenza alla terapia ed un significativo fattore di rischio per il buon esito della stessa.

Affrontare i disaccordi e raggiungere un accordo sugli obiettivi è dunque un aspetto essenziale per lo sviluppo di un'alleanza funzionale alla buona riuscita dell’intervento.

 

L’INTERVENTO NELLA PSICOTERAPIA A DOMICILIO CON I MINORI E IL RUOLO DELLA FAMIGLIA

“Perché il terapeuta vuole continuare a vederci se abbiamo già raccontato come si comporta nostro figlio?”

“Il terapeuta ha già osservato come si comporta nostro figlio in casa, a cosa altro possiamo servire noi?”

Queste sono domande che un genitore potrebbe porsi.

Il fatto è che oltre a poter fornire, come già illustrato, una serie di informazioni preziose per la prima fase valutativa, i genitori svolgono un importante ruolo anche nella fase ti trattamento.

I bambini, ad esempio, dipendono dalla guida e dal sostegno dei genitori per accedere e per impegnarsi nel trattamento.

Oltre al sostegno, i genitori hanno un’influenza diretta sui risultati del trattamento quando vengono coinvolti attraverso una partecipazione attiva: possono prendere parte ad attività psicoeducative o terapeutiche (come avviene nel caso di percorsi di terapia familiare).

In poche parole, i genitori influenzano l’intera traiettoria del trattamento su più livelli.

 

EMOZIONI IN FAMIGLIA

Se sei un familiare o un genitore di un minore che sta vivendo un momento di difficoltà potrebbe esserti capitato di provare tante emozioni diverse tra loro, a volte apparentemente contrastanti.

Potresti aver provato rabbia per la sensazione di subire continui torti, o al contrario potresti aver provato un senso di colpa, ritenendoti in parte responsabile del comportamento del bambino o del ragazzo.

Talvolta si può provare anche vergogna di fronte a comportamenti atipici che accadono di fronte ad amici e familiari.

Tutte queste emozioni se non comprese rischiano di direzionare i nostri comportamenti più sull’onda emotiva che non su scelte consapevoli e funzionali al benessere del minore e della famiglia stessa.

Per questo, anche nel caso di percorsi individuali con il minore, se necessario, lo psicoterapeuta potrebbe evidenziare in specifici momenti del percorso la necessità di lavorare su alcuni di questi aspetti, coinvolgendo direttamente i familiari e chiedendone la collaborazione.

 

SINTOMI E CICLO DI VITA

Durante il primo incontro il terapeuta potrebbe chiedere:

“Come mai siamo qui, tutti assieme, oggi?”

Ad una domanda di questo tipo si possono ricevere risposte come:

“Mamma è ansiosa, non mi fa mai uscire con gli amici e papà è sempre arrabbiato.”

“Mio marito è assente, devo gestire tutto io e nostro figlio fa come vuole, ha bisogno di regole.”

“Nostro figlio è costantemente in casa davanti ai videogame, lo vedo sempre nervoso, risponde male e mia moglie incolpa me”.

Tante risposte diverse, talvolta divergenti, da parte dei diversi componenti della famiglia; questo non sorprende. Come dicevamo all'inizio, gli sguardi sono (utilmente) tanti e diversi e arrivare a una descrizione condivisa del problema e, successivamente, degli obiettivi e del tipo di trattamento più adeguato, è una conquista.

A tal proposito, la ricerca evidenzia che l’età del minore appare essere un elemento rilevante che può rendere tendenzialmente più difficoltoso un accordo tra professionista, minore e familiari rispetto gli obiettivi della terapia.

Generalmente il funzionamento del bambino e ancor più dell’adolescente, come abbiamo visto, può variare molto in base al contesto in cui è inserito; questo può rendere maggiormente arduo cogliere per i genitori gli aspetti di vulnerabilità che richiedono uno specifico intervento, poiché potrebbero non risultare presenti all’interno del contesto familiare.

Le ricerca mostra che tale difficoltà accresce ulteriormente quando il malessere non viene espresso “esternamente” (ad esempio mediante episodi di rabbia esplosiva) ma attraverso una modalità più “interna”, meno palese ed osservabile.

Con l’età il mondo interiore del minore può diventare sempre meno trasparente per i genitori, con il rischio di aumentare le divergenze rispetto le motivazioni che spingono il minore e/o la famiglia a richiedere un sostegno: genitori e figli (specie a partire dalla pre-adolescenza) cominciano reciprocamente a "non comprendersi".

Questi fenomeni appaiono dinamici e complessi e possono essere letti dal clinico solamente grazie ai diversi punti di vista dei membri della famiglia.

Un’altra volta, appare prezioso come in precedenza affermato, il contributo dell’intero sistema familiare.

CONCLUSIONI

Come abbiamo evidenziato nel corso dell’intero articolo, la ricerca mostra come la collaborazione tra il minore, la sua famiglia e il terapeuta sia un elemento indispensabile per la buona riuscita dell’intervento e questo è ancora più valido quando si tratta di un percorso domiciliare, essendo il professionista inizialmente un "ospite": il coinvolgimento della famiglia e la costruzione di una alleanza con tutti i membri è necessaria perché il terapeuta possa essere "accolto" e riconosciuto nel suo ruolo.

Per promuovere tale collaborazione appare necessario un continuo lavoro di dialogo e confronto che parte della valutazione e permane durante l’intero arco dell’intervento.

Inoltre, per la buona riuscita del trattamento, sarà utile lavorare sulla consapevolezza di alcune dinamiche emotive familiari e sulla possibilità di rendere leggibile il mondo interno del minore che, come abbiamo visto, a seconda dell’età e dei sintomi presentati può apparire poco nitido all’occhio dei familiari. 

L’Associazione In-Verso offre la possibilità di predisporre percorsi di psicoterapia a domicilio per minori, garantendo l’attenzione e la cura per la costruzione di quella collaborazione con i familiari che appare necessaria e funzionale alla buona riuscita dell’intervento.

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Articolo redatto da:

Dott. Christian Franco

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